13 giugno 2012

Storia di un buon bicchiere

C'è un manager giovane e rampante. E' esperto di leggi ed è un uomo impegnato nel sociale. E' stimato, applaudito. Viene da una città grande con una mentalità piccola. Ha studiato fuori per tutta la vita ed è tornato per dare una mano, per fare la sua parte.

Un giorno accetta l'offerta di una grande azienda locale che produce bicchieri. Decide di impegnarsi seriamente: studia, allaccia rapporti, stringe mani pulite e mani sporche, convinto che per raggiungere il suo obiettivo debba fare dei passi difficili. I bicchieri, si sa, richiedono pazienza e competenza. Un giorno, dopo tanti anni come manager, diventa presidente della grande azienda locale che fa i bicchieri. Le mani pulite gradualmente si defilano, le mani sporche chiedono il loro tributo, ma il giovane manager diventato presidente della grande azienda locale che fa i bicchieri decide che no, non può dar ragione alle mani sporche. Così cerca qualche mano pulita in più e anche qualche mano meno sporca delle altre. C'è chi vuole fare il bicchiere quadrato, chi vuole farlo tondo, lui vuole fare un buon bicchiere, scontentando così chi lo vuole quadrato e chi lo vuole tondo.

Le mani pulite e le mani meno sporche gli stanno vicino, all'inizio, ma poi si allontanano sempre più affrante, perché nella grande azienda locale che fa i bicchieri non si possono fare buoni bicchieri, ma solo bicchieri tondi o bicchieri quadrati.

Il giovane manager diventato presidente viene allora avvertito con un ultimatum: o fai i bicchieri tondi o li fai quadrati. Altrimenti, le mani sporche si arrabbiano, altrimenti ti licenziamo, gli dicono.

Così il giovane manager diventato presidente vacilla. Il ragioniere della grande azienda locale che fa i bicchieri lo avvisa che presto non ci saranno più soldi per fare i bicchieri, tondi o quadrati che siano. Il giovane presidente chiede al ragioniere se ci saranno soldi per fare buoni bicchieri, ma il ragioniere si impaurisce e scappa. Così il giovane presidente cerca di fare bicchieri tondi che siano buoni, ma le mani sporche che l'hanno portato alla presidenza gli dicono che deve fare bicchieri tondi e basta: se son buoni o son cattivi lo decidono le mani sporche, non il presidente.

Dopo qualche anno il giovane presidente cerca di allargare la grande azienda locale che fa i bicchieri per farla diventare provinciale, regionale, nazionale. Ma le mani pulite dubitano che possa farcela e non gli danno più la mano e le mani sporche lo prendono per scemo, perché la grande azienda locale che fa i bicchieri deve rimanere locale e deve fare i bicchieri tondi o quadrati e basta.

Il giovane presidente, distrutto, decide di andare dal consiglio di amministrazione della grande azienda locale che fa i bicchieri e rassegna le dimissioni. Le mani pulite sorridono e lo salutano. Le mani sporche gli urlano dietro di non farsi più vedere.

Il giovane ex presidente, così, se ne va dalla grande azienda locale che fa i bicchieri.
Lo fa con il sorriso sulle labbra, pronto a cominciare un'altra grande avventura in qualche altra azienda. Ma le mani pulite presto lo abbandonano e le mani sporche fanno in modo di chiudergli ogni porta: il giovane ex presidente non deve più lavorare in alcuna azienda.

Così, torna alle sue leggi, alle sue idee, ai suoi studi. Ragiona sui bicchieri, a bassa voce, ad alta voce, da solo o con gli altri. Tante mani ridono di lui: le mani pulite hanno dimenticato i suoi buoni bicchieri, le mani sporche li hanno distrutti. Il giovane ex presidente è un ricordo da distruggere o da dimenticare. Che sia chiaro a chi sostiene le mani sporche o le mani pulite: il giovane ex presidente è da distruggere o da dimenticare. Come un buon bicchiere.

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