19 giugno 2013

Liberi di crescere


Martedì 12 Giugno si è svolta l’undicesima Giornata Mondiale contro lo sfruttamento minorile, una giornata in cui sono stati esposti dall’UNICEF dati allarmanti riguardanti i minori sfruttati in tutto il mondo. Sono infatti circa 150 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni costretti a lavorare il più delle volte in condizione di schiavitù.
"Nel bar dove lavoro, devo pulire per terra, lavare i piatti, portare i caffè negli uffici. Una volta mi sono fatto un taglio su una mano con un bicchiere, il padrone mi ha detto di non dirlo a nessuno e io sono stato zitto per paura di perdere il lavoro. A scuola ho smesso di andare due mesi fa, tanto non mi serviva a niente. Anche mio fratello, che ha 15 anni, lavora in nero in un cantiere edile". Ignazio, 12 anni
In Italia sono circa 300.000 i bambini sotto i 16 anni che lavorano: 1 bambino su 20 è costretto a lavorare a causa della condizione economica familiare, di un rapporto che non funziona con la scuola o anche solo per far fronte da soli a bisogni spesso inconsistenti. Sono circa 30.000 invece i bambini tra i 13 e i 15 anni che svolgono lavori a rischio sfruttamento, sia per la tipologia sia per le conseguenze sulla salute e sull'integrità morale. Infatti, i minori diventano più facilmente succubi di datori di lavoro a cui sono legati per sudditanza psicologica e per necessità economica, datori di lavoro che fanno di loro dei delinquenti (ad esempio, i ‘muschilli’ napoletani). Anche in Italia, come in altri paesi, i bambini lavorano anche di notte, compromettendo gli studi e privandosi anche di piccoli momenti per divertirsi o per riposarsi.

Il fenomeno del lavoro minorile è molto spesso conseguenza inevitabile dell’abbandono prematuro del percorso scolastico, una situazione più accentuata in Italia che in atri paesi europei: l'età di passaggio dalla scuola media a quella superiore mostra un tasso di abbandono scolastico del 18,2% contro una media europea del 15%.

Dalle voci dei ragazzi raccolte emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una vera trappola quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali" ha dichiarato Raffaella Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save the Children. "Nonostante orari in alcuni casi pesantissimi, paghe risibili e rischi per la salute, come nel caso di chi lavora dalle 4 e mezzo di mattina alle 3 di pomeriggio con le mani nel ghiaccio per un pescivendolo ricavandone a mala pena 60 euro a settimana, la maggioranza dei minori raggiunti con la ricerca partecipata non ha la consapevolezza di essere sfruttata e non sa nemmeno che cos'è un contratto di lavoro”.

Le aree italiane in cui si registra il maggior rischio di lavoro minorile sono quelle del Mezzogiorno. I casi di minori che iniziano a lavorare a 7-8 anni si trovano soprattutto in Campania e in Puglia. Da noi il dato è decisamente allarmante: il 23,4% dei giovani pugliesi non riesce ad andare oltre la terza media e il 56,5% delle famiglie pugliesi con figli a carico dichiara di avere serie difficoltà a sostenere un pasto adeguato e a pagarsi le cure mediche.

Cosi la povertà economica significa molto spesso povertà d’istruzione. I dati regionali per la Puglia evidenziano una situazione nella quale l’attenzione alle abitudini e alle politiche d’istruzione per i minori sono a livelli del tutto inadeguati: basti dire che la disponibilità di asili nido per bambini pugliesi è pari al 5% contro il 29,5% dell’Emilia Romagna.

Il lavoro minorile è dunque conseguenza del crescente disagio sociale che le politiche restrittive del welfare hanno prodotto. Le politiche sociali attuate sino ad ora sono insufficienti e inefficaci come argine del fenomeno.

In questa giornata l‘UNICEF ha presentato i risultati di studi in cui si evidenzia l’impatto positivo che ha l’istruzione in particolar modo delle bambine e delle ragazze nello sviluppo di un paese. L'obiettivo è quello di chiedere ai governi di aumentare gli investimenti in misure di protezione sociale per i bambini e soprattutto ad investire nell'istruzione, l’unica arma utile contro gli abusi del lavoro minorile, come unico ostacolo al traffico di esseri umani e alla violenza contro i minori.


Vincenza Lasciarrea