12 dicembre 2013

Contro la violenza, la forza delle idee



Vi confesso che fino a lunedì avevo un pensiero personale sulla protesta di questi giorni, peraltro già annunciata da tempo. Ho visto chi erano gli organizzatori, le sigle che avrebbero partecipato. Da cittadino portavoce che mai si è sottratto al confronto, ho cercato di capire le rivendicazioni, le proposte, i messaggi di chi era in piazza. Ho ascoltato, ho letto molto, ho ricevuto centinaia di messaggi, ho ascoltato chi si dissociava, chi invece rivendicava pienamente la sua presenza in piazza e anche chi non ha condannato gli atti di violenza ed intimidazione che sono stati messi in atto sistematicamente.

Più di un amico mi ha anche rimproverato per non aver preso subito una posizione chiara, netta. Ha ragione, non ho fatto subito un comunicato stampa come hanno fatto altri soggetti politici. Non ho voluto porre una distanza netta da quanto è successo, nel bene e nel male. Non l’ho fatto perché non sono distante da chi è sceso in piazza con la rabbia nel cuore, i polsi tremanti, il sangue agli occhi. Ma DEVO fare una distinzione, DEVO porre un freno anche a me stesso, anche alla mia voglia di rovesciare il tavolo, perché nella rabbia senza freni c’è la scintilla che porta alla deriva.

Vanno condannati senza se e senza ma gli atti di violenza. Si deve collaborare con le forze dell’ordine per garantire chi finora non ha potuto lavorare, non ha potuto comprare i pannolini per i propri figli, non ha potuto assistere i propri anziani. Quando si sciopera, si devono garantire i servizi essenziali. Altrimenti è solo anarchia, altrimenti il messaggio naufraga fra gli istinti violenti e anche le brave persone che hanno deciso di scendere in piazza (e sono tanti) finiscono per essere preda di chi vuole solo fare casino, per poi mettersi d’accordo in separata sede. Gli altri rimarranno come prima, più disperati e sfiduciati di prima.

Ieri ho chiesto a chi mi segue cosa pensa di quanto è successo finora ad Andria. L’ho chiesto a chi condivide ciò che stiamo facendo e anche chi critica, chi è distante dal mio pensiero politico, anche a chi mi insulta per partito preso dall'inizio della legislatura. L’ho chiesto a tutti e mi hanno risposto in molti. Ho ritenuto di fare così perché volevo sapere chi era in piazza, quali proposte portava, quale lo stato d’animo. E io non c’ero. Io, un cittadino come voi, ero a Roma ad affrontare politicamente un governo che da mesi non fa altro che cullarsi nella palude che è divenuta l’Italia, nel paese che brucia.

Ma cosa è successo ieri? Chi ha organizzato la protesta sapeva cosa avrebbe scatenato? Sapeva che sarebbe stato strumentalizzato dai violenti? Sapeva che avrebbe soffocato le parti buone di chi legittimamente s’indigna e vuole gridare il suo dissenso? La risposta della piazza c’è stata e loro hanno perso il controllo, si sono defilati. Hanno cavalcato la sofferenza della gente e ora si sono defilati. Riappariranno solo per prendersi il merito dell’iniziativa, per cucirsi una medaglia sul petto, senza prendersi alcuna responsabilità di quello che è accaduto.

Hanno lasciato i tanti disoccupati, gli imprenditori, gli studenti, i lavoratori autonomi, TUTTI, abbandonati in balia di quei malavitosi che a bordo piscina si godevano lo spettacolo di una città in preda agli istinti più bassi. Mentre i più poveri, i disperati, affogando nei debiti e nella sofferenza, gridavano con le lacrime agli occhi il loro dissenso, c’è stato chi ha intimidito i negozianti, chi ha minacciato di spaccare le vetrine, chi ne ha approfittato per regolare qualche conto, chi ha bloccato le strade, chi ha danneggiato la città. Che giustizia è questa? Che sovranità è questa? E soprattutto chi decide chi rimane a terra, chi decide chi apre il negozio, chi decide se può alzare la saracinesca?

E poi ho visto la foto della folla sotto il palazzo di città. Non voglio entrare nella cronaca, resto a quello che mi hanno raccontato. C’è da dare una risposta politica, civile, culturale. E siamo fuori tempo massimo, lo dico alle autorità cittadine. Quanti hanno chiesto lavoro? Quanti hanno chiesto di rispettare gli impegni presi con la città? Non bastano 15 pullman, non basta promettere una marcia su Roma. Quella è eversione! Quella è violenza! Altro che le parole di un comico o di un blog: voi siete le guide della comunità, siete sindaci, assessori, leader politici. A voi chiedono un aiuto, lo chiedono a me, lo chiedono a chi può dare un aiuto in questo momento. Che vogliamo fare?

E poi ci sono i cittadini. Non so se risolveremo mai la situazione, non so se riusciremo a rimettere in piedi la nostra società. Quello che possiamo fare è ritrovare il nostro spirito di comunità. Avete un parlamentare che vi ascolta, avete un canale che potete sfruttare per portare le vostre istanze a Roma. Avete un vostro dipendente da controllare, che l’abbiate sostenuto in campagna elettorale oppure no. Queste idee DEVONO arrivare in Parlamento. Non si può entrare con violenza nelle istituzioni, quella è la sconfitta di ogni popolo. Non si può assaltare il palazzo, altrimenti è il caos, è la morte della democrazia. Bisogna organizzare il proprio dissenso, bisogna sfidare politicamente chi vi promette sole ogni giorno, tasche piene e il piatto sempre sulla tavola. Bisogna diffidare chi promette di tutto pur di vincere. Bisogna sconfiggere nell'urna, nella cabina elettorale, con il voto democratico chi si rende responsabile dello sfascio del Paese. La mia solidarietà va ai cittadini che sono stati intimiditi, alle vittime di violenza, ai commercianti a cui è stato impedito di svolgere il proprio lavoro, ma anche a coloro che hanno cercato di porre un freno civile alla protesta, anche fra coloro che ricoprono incarichi istituzionali.

A chi l’ha chiesto con speranza e a chi l’ha chiesto con vigliaccheria, rispondo allo stesso modo: tornerò ad Andria questo fine settimana, come OGNI fine settimana. Anche stavolta dopo un’intensa settimana passata a combattere il governo sul tema dell’abolizione delle province, degli sprechi, sulle questioni economiche e produttive, tornerò nella mia città, ad Andria, dove alla fine del mandato tornerò.

Ma vi prego, combattete le violenze, le intimidazioni, le offese razziste e sessiste, contro i cittadini e contro le istituzioni. Con la violenza non si risolve niente. La rivoluzione che vogliamo è culturale, la politica che vogliamo non può essere la dittatura delle mazze, la legge del più forte. Dobbiamo ritrovare il nostro senso del vivere comune, dobbiamo ritrovare la fiducia in noi stessi.

E ve lo dico con sincerità, senza filtri: dovrò parlare con le forze dell’ordine, dovrò capire se la mia presenza in piazza può rappresentare un problema di ordine pubblico o se può servire, in qualunque modo possibile, a stemperare le tensioni. Se sarà possibile, sarò con voi e spero di confrontarmi in maniera pacifica, civile e costruttiva. Non dobbiamo avere paura, non possiamo avere paura. La nostra città ha tremendamente bisogno di coraggio.

Giuseppe D'Ambrosio
Cittadino portavoce, Camera dei Deputati
Movimento 5 Stelle