28 gennaio 2014

"Sindacato chi?"

Quando ormai è troppo tardi e il governo si appresta alla privatizzazione di Poste Italiane, una grande azienda con utili milionari ogni anno, ecco che il sindacato inizia a svegliarsi con un piccolo sbadiglio. Questo è il comunicato che manda a tutti i lavoratori.
La privatizzazione di Poste non parte male, parte malissimo. Le prime notizie di stampa mettevano in evidenza la volontà del Governo di prevedere una privatizzazione “parziale” attestata sul 35/40% del valore di Poste Italiane; oggi scopriamo che, invece, da quella percentuale si inizia. Il che fa realisticamente presumere che da qui a qualche tempo vi sarà un costante “arretramento” della presenza pubblica, fino a diventare minoranza, a favore della crescita di capitali privati. In questo quadro, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio circa il mantenimento del perimetro del Gruppo appaiono solo parole pie tese ad anestetizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, i dipendenti. In realtà sappiamo benissimo che non sarà così. Una ipotesi? Se nel pacchetto azionario dovessero entrare le banche, che succederà a Bancoposta? E avendo le banche una forte presenza nel ramo assicurativo, che succederà a Poste Vita? E dovendo realizzare profitti per remunerare gli azionisti, che ne sarà dei servizi postali “tradizionali”? succederà quello che abbiamo già visto in questo paese con la privatizzazione di grandi aziende: spacchettamenti; cessioni di ramo poco redditizi coi lavoratori al seguito; vendita (o svendita) dei pezzi pregiati, sempre coi lavoratori appresso. E non si dica che siamo catastrofisti, perché questo film l’abbiamo già visto. Poi l’anestesista raggiunge l’apice con l’ipnosi quando prevede la presenza dei lavoratori (si scrive lavoratori, ma si legge sindacati) nella gestione del Gruppo, che sarebbe la vera novità. (Chi ha una qualche frequentazione con il sistema di relazioni sindacali in Poste Italiane, sa perfettamente che questa non è esattamente una notizia). Ma il punto è un altro. Come cambierà (perché è evidente che cambierà!) il modello di relazioni industriali? Non si sa. E ancora: come si sposa questa passione, perfino commovente, nel voler coinvolgere i sindacati nelle sorti dell’impresa se, su tutta questa vicenda, mai nessuno, nè Governo, nè Azienda, si è degnato di organizzare un incontro con le parti sociali? In fondo si tratta della privatizzazione del più grande Gruppo Italiano, con capacità di crescita davvero notevoli, soprattutto sul versante dell’innovazione tecnologica. Non vorremmo che decisioni così rilevanti siano state prese, come si usa dire, da quattro amici al bar; anche perché poi, come spesso succede, le consumazioni le pagano i lavoratori. 
Roma, 24 gennaio 2014 La Segreteria Nazionale SLC-CGIL
Qualche giorno fa, durante l'audizione in commissione Trasporti il viceministro dello Sviluppo Economico Antonio Catricalà è stato protagonista di una capriola olimpica: ha dichiarato che Poste Italiane avrebbe utili per 1 miliardo di euro e nonostante questo l'opera di privatizzazione dovrebbe essere realizzata, al fine di dare all'azienda maggiore liquidità per investire nel servizio. A noi questa affermazione sembra un totale controsenso: da un lato Catricalà parla di un servizio che funziona e fa utili e, dall'altro, sollecita la privatizzazione di Poste.

La verità è che il Governo, all'insaputa degli italiani, vuole privatizzare la più grande azienda italiana a totale controllo pubblico, che tra l'altro produce utili. Si tratta di un regalo servito su un piatto d'argento alle lobbies, sfruttando come giustificazione la riduzione del debito pubblico. In nome di tale riduzione stanno continuando a fare lo spezzatino con quel che rimane delle grandi aziende italiane, esattamente come già fatto con Telecom e Alitalia. Tra l'altro, il viceministro Catricalà non ha parlato degli eventuali privati interessati all'operazione e non chiarisce quali sarebbero i benefici apportati al servizio dalla privatizzazione. 

La falsa scusa del debito pubblico non regge più. Nel piano dell'attuale Governo, oltre ad una cessione di alcuni beni di Banca d'Italia, c'è anche la svendita non solo di Poste, ma anche di quote di ENI, ENAV, Finmeccanica, Fincantieri, quelli che vengono spesso definiti i "gioielli di famiglia". Non è mai stato provato che cedere patrimonio pubblico abbia giovato, anzi, si è spesso rivelato un fallimento in quanto il debito non viene intaccato ma continua inesorabilmente a salire, ed in più si priva lo Stato di un sensibile afflusso di entrate, con il rischio che parte dell'azienda venga acquistata all'estero. 

Insomma, Catricalà non ha spiegato nulla di sostanziale, se non che il Governo vuole cedere Poste. È un'operazione nella quale non vediamo né una strategia né una prospettiva utili per l'azienda e per il Paese.




Al momento solo il Movimento 5 Stelle si sta opponendo alle privatizzazioni.

Dov'erano i sindacati fino ad oggi? Possibile che non fossero a conoscenza dell'ignobile manovra in atto?
  
C'è il futuro di 140 mila lavoratori da difendere subito!